IL SUICIDIO DELL’ ANZIANO PUO’ ESSERE RAZIONALE ? COME PREVENIRLO ?
Il suicidio nell’ età avanzata (SA) è un problema di sanità pubblica in quanto gli anziani rappresentano il gruppo con la più elevata prevalenza di suicidio, soprattutto se di sesso maschile. Nella pratica clinica corrente sono ancora poco note le cause dell’ evento e soprattutto su come prevenirlo. I tentativi di suicidio non fatale sono meno frequenti nell’ età avanzata ; il 75% degli anziani muoiono in seguito al loro primo tentativo di suicidio (dati USA): ciò dimostra la pianificazione prolungata del tentativo, dalla fragilità fisica, sociale e mentale e dal metodo utilizzato per compiere l’ atto. Gli anziani non riportano frequentemente pensieri suicidi e non utilizzano servizi preposti quando disponibili. Quindi il suicidio è evento molto frequente, molto di più dell’ omicidio, ma poco se ne parla e si fa per la prevenzione nella pratica clinica. Uno studio australiano conferma l’ alta prevalenza del suicidio nei grandi anziani (oldest-old: > 85 anni)
(Int Psychoger 2017; 29: 1297). I grandi anziani hanno più spesso ideazioni di suicidio-morte di cui si deve tener conto: la valutazione multidimensionale geriatrica li evidenzia così come la loro qualità della vita e i bisogni esistenziali non soddisfatti compresa la solitudine; anche in questo gruppo demografico l’ essere sposati è preventivo ( J Gerontol 2013; 58: S314-22). L’ AIP ha pubblicato recentemente un numero monografico di Psicogeriatria sui Comportamenti suicidari negli anziani, molto qualificato; si parla a proposito del suicidio dell’ anziano di suicidio razionale. Un documento redatto dalla Società italiana di Psichiatria http://www.psichiatria.it/wp-content/uploads/2013/03/Protocolli-minimi-Suicidio-2014-Casacchia.pdf contiene utili precisazioni anche operative e scale cliniche per valutare il rischio di suicidio e per la sua prevenzione; nel documento non fa riferimento però alle persona anziane. La prevenzione del suicidio sembra una via percorribile anche per i più anziani; è dimostrato che gli interventi per ridurre l’ isolamento sociale e l’ aumento del supporto sociale con attività di gruppo o aumentando la comunicazione anche con il solo telefono riducono la mortalità da suicidio nei più anziani (Crisis 2011; 32: 88–98). Il comportamento suicidario (da considerare anche il pensiero suicidario) che comprende tre tipi di atti autodistruttivi: il suicidio compiuto, il tentato suicidio e l’autolesionismo non suicidario è ritenuto una complicazione di condizioni psichiatriche soprattutto dell’ umore (depressione) ; ma il suicidio si verifica anche nella schizofrenia, in chi abusa di droghe compreso l’ alcol, nei disturbi di personalità (borderline), nell’ ansia. La visita medica tradizionale è di solito evasiva e incompleta sulla ricerca dei fattori di rischio del suicidio. Il comportamento suicidario è incluso nella sezione III del DSM-5 dove è definito come una condizione da studiare ulteriormente; è definito come un individuo che ha tentato il suicidio con l’ intenzione di morire, nei 24 mesi precedenti; si escludono le intenzioni legate alla politica e alla religione. Il comportamento suicida può essere ritenuto una condizione comorbida piuttosto che un sintomo è controversa; il suicidio non sempre si verifica in presenza di un disordine mentale o psichiatrico anche se questo è altamente prevalente nel SA; malattie somatiche, eventi stressanti della vita sono influenti nel SA. Il disturbo da comportamento suicidario è presente nel DSM-5, ma soltanto nei “Criteri proposti”, quelli cioè “non intesi per l’utilizzo clinico”, ma per “fornire un linguaggio comune a ricercatori e clinici che intendano studiare questi disturbi” sui quali si “incoraggia la futura ricerca”. In presenza di depressione manifesta i pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), l’ ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o un piano specifico per commettere suicidio sono abbastanza comuni e da indagare. L’autolesività non suicidaria (non-suicidal self-injury, NSSI) e il disturbo del comportamento suicidario (suicidal behavior disorder, SBD) sono stati inclusi all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5) come condizioni che necessitano di studi ulteriori prima di essere riconosciute come disturbi. Il SA ha fattori di rischio certamente diversi da quelli dei giovani; anche nell’ anziano per identificare i fattori di rischio e anche i fattori protettivi del suicidio si utilizzano metodologie di autopsia psicologica che tengono conto dei 5 domini del sistema diagnostico multiassiale del DSM-4 (si ricorda che nel DSM-5 non esiste più questa importazione)
L’ autopsia psicologica degli anziani suicidi segnala che il 71-97% è depresso; si veda anche: https://ac.els-cdn.com/S0022395613000654/1-s2.0-S0022395613000654-main.pdf?_tid=27920bb0-a8e9-11e7-bfd8-00000aab0f6b&acdnat=1507110680_3884334ebf0b393cca786e2def55c4d0.
Il trattamento della depressione riduce il tasso dei suicidi nella popolazione anziana giapponese, soprattutto sedi sesso femminile (Int. J. Environ. Res. Public Health 2012, 9: 724). Gli interventi preventivi richiedono il coinvolgimento fondamentale delle cure primarie con educazione psicologica e di appropriate consultazioni specialistiche: così si può ottenere la riduzione del rischio di suicidio e degli eventi suicidi. Complicato e difficile è affrontare i fattori di rischio che si basano sulla vita sociale ed esistenziale, sulla integrazione morale e sulla social over-regulation; anche i rapporti familiari sono rilevanti come la discordia e la percezione dell’ anziano di essere un peso per gli altri componenti del nucleo famigliare.
Problemi neurobiogici del suicidio
“Brain study seeks roots of suicide” – Nature 2015; 528:19. Il cervello di soggetti con pensieri suicidi a sinistra a confronto con il cervello che non li ha a destra ; le aree blu indicano ridotta attività valutata con QEEG (EEG quantitativo) nella regione frontale destra e nella zona mediana nei soggetti con pensieri suicidi (Acta Psychiatr Scand 2010; 122: 461-9).
Ricerche con NMR funzionale vogliono mettere in evidenza aspetti particolari funzionali e anatomici fra anziani depressi con e senza storia di tentato suicidio e anche rispetto ad anziani senza depressione e senza storia di tentato suicidio. Si parla di psychological pain; anche l’assessment psicologico del dolore richiede la valutazione dell’influenza del dolore sulla vita del paziente e del ruolo che la componente emotiva gioca nel rinforzare il dolore. Si cerca di capire quali eventi neurologici e psicologici si verificano nel cervello, quali aree siano attivate (vedi QEEG)in presenza di ideazione suicida; alcuni ritengono che l’ evento possa essere riferito a comportamenti biologici e a modificazioni molecolari; per altri il suicidio è soltanto un sintomo di un disordine mentale già esistente. E’ stato considerato il peso del cervello di anziani morti per suicidio: è risultato più pesante rispetto a soggetti di controllo . Nei cervelli di suicidi è ridotta l’ espressione del brain-derived neurotrophic factor e della thyrosine kinase B nella corteccia prefrontale e nell’ ippocampo (rispetto ai controlli). Inoltre sono state rilevate anche anomalie nella corteccia prefrontale che riguardano la regolazione del neurotrasmettirore serotonina. Una ricerca su PlosOne 2011; 6: e20936 (è online) ha individuato i neuroni che si attivano quando un individuo medita di togliersi la vita; sono i neuroni Von Economo VE), responsabili dell’elaborazione di input emotivi complessi tra cui senso di colpa e vergogna. Si tratta di gruppi di cellule presenti nelle aree cerebrali comprese tra la corteccia cingolata anteriore e l’insula anteriore, in cui si gestiscono le emozioni complesse. I neuroni Economo hanno forma a fuso, e sono ricoperti di recettori che intercettano i neurotrasmettitori delle emozioni (come la serotonina, ad esempio). Nel cervello di persone decedute per cause naturali, rispetto a quello di individui che si erano tolti la vita i neuroni di VE avevano una densità superiore rendendoli più sensibile dal punto di vista emotivo e più empatico degli altri, con conseguenze dal punto di vista psichico.
Considerazioni sull’ evento SA
Alcuni punti che riguardano il SA richiedono chiarimenti: 1.perchè il suicidio è più frequente nell’ uomo, 2. è un atto correlato alla sola impulsività o anche alla razionalità ?, 3. qual’ è la psicodinamica che dalla depressione porta al suicidio e come valutarla, 4. è possibile predire e prevenire il suicidio? Questi quesiti complicano la complessità della patogenesi e della etiologia del suicidio illustrata nella figura che segue da Lancet (allegato); molti dei punti citati nella figura sono validi anche per i soggetti più anziani.E’ certo che il SA ha spesso cause o motivazioni strettamente personali, ovvero eventi quali particolari situazioni esistenziali sfavorevoli, gravi condizioni economiche e sociali, delusioni amorose, condizioni di salute o di non accettazione del proprio corpo, mobbing familiare, abuso di vario tipo, derisioni e bullismo. Il SA in un soggetto in buone condizioni fisiche e mentali può definirsi razionale . Si consulti il sito Society for old age rationale suicide – http://www.soars.org.uk/ – che fornisce utili informazioni su un tema specifico e anche sui possibili
rapporti fra il suicidio razionale e il suicidio assistito già possibile in non poche nazioni; si veda https://www.swissinfo.ch/ita/economia/giornata-mondiale-per-la-prevenzione-del-suicidio_-il-suicidio-%C3%A8-un-problema-che-riguarda-tutti-/43480684 . La morte on demand (aiuto al suicidio) è possibile nella vicina Svizzera anche a pagamento ; mentre l’eutanasia attiva (omicidio intenzionale allo scopo di accorciare la sofferenza) è punibile per legge anche se è la vittima che la chiede, il suicidio assistito, pur non essendo mai stato legalizzato, è praticato nelle varie cliniche private nate per questo scopo. EXIT è un’associazione svizzera- https://www.exit.ch/it/il-nostro-accompagnamento-al-suicidio/ – che aiuta la persona a lasciare questo mondo in modo dignitoso in modo consentito dalla legge: l’accompagnamento al suicidio assistito tramite EXIT permette di morire con dignità, dando la possibilità al paziente di addormentarsi nella sua casa e in presenza dei propri cari , dopo avere ingerito la sostanza letale. La stampa quotidiana ha raccontato recentemente il caso di Avril Henry, 82 anni, trovata morta dalla polizia della contea; non si è trattato di omicidio, rapina o altro. “La professoressa Henry si è uccisa con un farmaco letale che aveva ordinato dal Messico. Ha lasciato un biglietto in cui chiarisce che la decisione di suicidarsi è maturata nel corso dell’ultimo anno. L’ha scelto da sola, in piena coscienza. Aveva anche fatto domanda presso una clinica svizzera di Berna dove si pratica l’eutanasia. Ma affrontare un viaggio fino a lì in sedia a rotelle sarebbe stato troppo faticoso. Ecco, allora, la scelta di ordinare online un vero e proprio “kit per il suicidio assistito”, anche se a darsi la morte è stata lei sola. Nella lettera in cui spiega tutto, Avril Henry accusa “la crudele, illogica legge britannica che dichiara legittimo suicidarsi” ma che poi avrebbe punito chi l’avesse aiutata a porre fine ai suoi giorni”. Da più parti si propone la possibilità di “una morte auto-determinata legata all’età”. Anche The Economist tratta il problema del suicidio diffusamente; nel 2016 “ Suicide. The saddest trend”; la su prevalenza aumenta il alcune nazioni fra cui gli USA; oppure “Suicides in Japan hit a 20-year low” : il governo giapponese ha pianificato interventi per ridurre la mortalità da suicidio nei prossimi 10 anni https://www.japantimes.co.jp/news/2017/07/25/national/japan-aims-cut-critical-suicide-rate-30-10-years/#.Wc9OGlu0MdU . Il problema del numero elevato di suicidi preoccupa quindi anche i governi come quello del Giappone dove i suicidi sono circa 25000 ogni anno http://www.bbc.com/news/world-33362387. Negli ultimi anni c’è stata una diminuzione dei suicidi in Giappone, attribuita agli sforzi delle amministrazioni pubbliche, con la revisione della legge sui suicidi che obbliga i governi municipali a compilare piani di prevenzione adeguati. Tra i provvedimenti adottati lo stanziamento di fondi aggiuntivi per sostenere le persone in difficoltà finanziarie per un tempo prolungato e l’offerta di supporto emotivo nei casi di depressione. Un’indagine del ministero della salute rivela che un giapponese su 4 ha pensato di togliersi la vita nel corso della sua esistenza; un dato in leggero aumento rispetto all’ultimo studio pubblicato nel 2012. Diventa possibile, pur nel rispetto della libertà e della autonomia dell’individuo, pensare anche un intervento di prevenzione e di aiuto, tanto più se la suicidarietà è correlata a una condizione psicopatologica o, comunque, a una sofferenza grave che ha molteplici cause e che può essere affrontata.
L’intenzionalità di darsi la morte è, nell’ anziano, molto pronunciata: raramente infatti infatti attua dei tentativi di suicidio ed il rapporto di questi con i suicidi, che nella popolazione globale è di 15:1, è nell’anziano di 4:1; nel grande vecchio è meno evidente la storia di tentativi di suicidio che è il fattore di rischio fondamentale di suicidio (Am J Psychiatry 2016; 173:1094). Il SA viene compiuto prevalentemente in solitudine, e in luoghi in cui altre persone possano intervenire; raramente è una protesta contro l’ambiente, l’aggressività è rivolta contro l’interno, al fine di eliminare le difficoltà ad accettare le tante perdite e i cambiamenti che la vecchiaia comporta. Per questi motivi la valutazione del rischio suicidario nell’età avanzata è difficile anche se è ricco di aspetti di razionalità. La figura della OMS che segue riporta i dati relativi alla prevalenza per 100.000 abitanti del suicidio nei paesi europei
al Nord la prevalenza è nettamente superiore. La figura a destra riporta il rapporto uomo:donna dei suicid nelle stesse nazioni – esiste evidente un paradosso di genere. A parte la neurobiologia del suicidio – si parla di suicide brain – (allegato) e le tante associazioni con patologie di vario tipo e la solitudine – al Medico spetta il compito di attivare misure preventive. La complessità dell’ evento suicidio è illustrato nelle figure che seguono dove thwarted significa “sentirsi solo”, e perceived… “io sono un peso”: quindi esistono vari gradi di contrasti interiori con variabile volontà di farla finita utilizzando mezzi propri, ma anche impropri; non sempre l’ intenzione e la capacità esitano nell’ evento letale
Nel 2013 (ultimo anno di cui sono disponibili i dati Istat) sono 4291 i suicidi in Italia; il dato deve essere considerato per difetto in quanto non sempre i casi di suicidio non vengono riconosciuti come tali. I maggiori indiziati a porre fine alla propria esistenza sono gli uomini che hanno da poco passato la soglia dei cinquanta. Tra i fattori che, statisticamente, riducono il rischio di suicidio c’è il matrimonio: il rischio di suicidi negli uomini vedovi o divorziati di tutte le età è cinque volte superiore rispetto agli uomini sposati; trend confermato anche dai dati riferiti alle donne dove si registrano rischi due volte superiori nelle donne vedove o separate (soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni) rispetto alle donne sposate. L’ ISTAT (2010) propone in questa figura l’ andament0 dei suicidi in rapporto all’ età al sesso -http://www.epicentro.iss.it/temi/mentale/GM2013_Suicidi.asp.
Non si può escludere che alcuni decessi per suicidio vengano erroneamente attribuiti ad altre cause di morte a causa della difficoltà a stabilire la reale causa del decesso, soprattutto nell’ età anziana. Dal 2010 l’Istat ha sospeso la rilevazione dei suicidi e tentativi di suicidio basata sulle informazioni trasmesse dalle forze dell’ordine”, per passare all’individuazione statistica tramite la “certificazione medica delle cause del decesso: analizzando i dati del 2012, ci accorgiamo che il fenomeno può essere anche più esteso, in quanto ai 4.258 casi di “suicidio e autolesione intenzionale” riportati nei certificati di morte, vanno aggiunti anche una parte degli annegamenti e avvelenamenti accidentali (867) e una parte di quelli con “sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite”; c’è una sottostima da imputare al fatto che a volte l’ “informazione fornita dal medico può risentire anche del fatto che il certificato deve essere compilato entro le ventiquattro ore dall’accertamento del decesso, inserendo le informazioni disponibili al momento stesso della certificazione”.
Non si può fare a meno di notare che, sui 4.258 casi registrati nel 2012, “solo” in 737 occasioni è stata segnalata dal medico una concomitante malattia fisica rilevante. Di conseguenza, la maggior parte delle cause vanno rinvenute in ragioni di natura socio-economica.
Efficacia dei farmaci
I farmaci soprattutto quelli antidepressivi potrebbero ridurre i pensieri suidiciari e il suicidio; la figura sotto riporta i risultati di una casistica rappresentata da disordine bipolare e gli eventi sono suicidio, self-arm e incidenti non intenzionali: il litio, oltre che a stabilizzare l’ umore, sembra ridurre il comportamento aggressivo e impulsivo (JAMA Psychiatry 2016; 73: 630-7).
La KETAMINA antagonista del NMDA è un farmaco psicoattivo utilizzato anche per la depressione, sarebbe se somministrati endovena in grado di bloccare per qualche ora l’ideazione e i comportamenti sucidi (J Psychiatr Res 2014; 58: 161) agendo su circuiti neurali specifici dell’ ideazione suicida. La depressione nell’ anziano si manifesta nel contesto di altre malattie, in associazione alla disabilità, a mutate situazioni sociali. Non deve essere confusa con la tristezza; ma non raramente la depressione è sottosoglia. Google si propone uni strumento diffuso per autovalutare il proprio umore – https://learningenglish.voanews.com/a/google-depression-questionnaire/4006356.html. Ma il colloquio anamnestico aiuta assai se narrativo e corretto; la riduzione del supporto sociale per lutto famigliare, il pensionamento, il cambio di abitazione o di setting curativo-assistenziale sono fattori di rischio da valutare adeguatamente; anche l’ insonnia è segno rilevante di depressione e richiede attenzione anche per il possibile impiego di farmaci che riducono l’ attenzione e l’equilibrio (cadute) dell’ anziano. Gli eventi stressanti devono essere rilevati durante l’ anamnesi così come la presenza di malattie come il cancro, ictus, diabete, cardiopatia con scompenso, politerapia, dolore cronico, lutto recente, storia di ideazione suicida, ipotiroidismo, carenza di vitamina B12 e acido folico. Alcuni farmaci possono peggiorare la depressione come clonidina, β-bloccanti, tranquillanti, calcioantagonisti, ipnotici, antiparkinsoniani. Un episodio infettivo che richiede ospedalizzazione aumenta del 43% il rischio di morire per suicidio e propone la neuroinfiammazione come induttore di comportamento suicida (JAMA Psychiatry 2016; 73: 912-9); gli antibiotici somministrati hanno azione tossica sui mitocondri e peggiorano la depressione. I problemi etici sono molteplici; la sedazione palliativa profonda continua nell’imminenza della morte si realizza con la somministrazione intenzionale di farmaci, alla dose necessaria richiesta, per ridurre fino ad annullare la coscienza del paziente allo scopo di alleviare sintomi fisici o psichici intollerabili e refrattari a qualsiasi trattamento (dispnea, nausea e vomito incoercibile, delirium, irrequietezza psico-motoria, distress psicologico o esistenziale, senso di soffocamento) nelle condizioni di imminenza della morte con prognosi di ore o pochi giorni per malattia inguaribile in stato avanzato e previo consenso informato; ha lo scopo di eliminare il dolore e le sofferenze; la sedazione profonda continua non va confusa con l’eutanasia o con il suicidio assistito o l’omicidio del consenziente
Aspetti giornalistici da evidenziare
In Italia manca una legislazione precisa sul fine vita e i suoi problemi connessi; è sempre più frequente l’ ospedalizzazione della morte che ha costi enormi rispetto ai modesti risultati. Intanto si prospettano soluzioni razionali anche considerando i contenuti di messaggi importanti come quello della nipote del cardinal Martini (Corriere della Sera) che riportiamo di seguito
La lettera al Cardinal Martini della nipote Giulia: «Siamo stati assieme, nelle ultime 24 ore, tenendoti la mano» «Così ci hai chiesto di essere addormentato»
Car ozio,
zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti questo è il mio ultimo, intimo saluto.
Quando venerdì il tuo feretro è arrivato in Duomo la prima persona, tra i fedeli presenti, che ti è venuta incontro era un giovane in carrozzina, mi è parso affetto da Sla. D’improvviso sono stata colta da una profondissima commozione, un’onda che saliva dal più profondo e mi diceva: «Lo devi fare per lui» e per tutti quei tantissimi uomini e donne che avevano iniziato a sfilare per darti l’estremo saluto, visibilmente carichi dei loro dolori e protesi verso la speranza.
Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell’agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell’importanza della buona morte.
Morire è certo per noi tutti un passaggio ineludibile, come d’altro canto il nascere e, come la gravidanza dà, ogni giorno, piccoli nuovi segni della formazione di una vita, anche la morte si annuncia spesso da lontano. Anche tu la sentivi avvicinare e ce lo ripetevi, tanto che per questo, a volte, ti prendevamo affettuosamente in giro.
Poi le difficoltà fisiche sono aumentate, deglutivi con fatica e quindi mangiavi sempre meno e spesso catarro e muchi, che non riuscivi più a espellere per la tua malattia, ti rendevano impegnativa la respirazione. Avevi paura, non della morte in sé, ma dell’atto del morire, del trapasso e di tutto ciò che lo precede.
Ne avevamo parlato insieme a marzo e io, che come avvocato mi occupo anche della protezione dei soggetti deboli, ti avevo invitato a esprimere in modo chiaro ed esplicito i tuoi desideri sulle cure che avresti voluto ricevere. E così è stato. Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. Se tu potessi usare oggi parole umane, credo ci diresti di parlare con il malato della sua morte, di condividere i suoi timori, di ascoltare i suoi desideri senza paura o ipocrisia.
Con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce l’hai fatta più, hai chiesto di essere addormentato. Così una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato. Seppure fisicamente non cosciente – ma il tuo spirito l’ho percepito ben presente e recettivo – l’agonia non è stata né facile, né breve. Ciò nonostante, è stato un tempo che io ho sentito necessario, per te e per noi che ti stavamo accanto, proprio come è ineludibile il tempo del travaglio per una nuova vita.
È di questo tempo dell’agonia che tanto ci spaventa, che sono certa tu vorresti dire e provo umilmente a dire per te. La chiave di volta – sia per te che per noi – è stata l’abbandono della pretesa di guarigione o di prosecuzione della vita nonostante tutto. Tu diresti «la resa alla volontà di Dio».
A parte le cure palliative di cui non ho competenza per dire è l’atmosfera intorno al moribondo che, come avevo già avuto modo di sperimentare, è fondamentale. Chi era con te ha sentito nel profondo che era necessaria una presenza affettuosa e siamo stati insieme, nelle ultime ventiquattro ore, tenendoti a turno la mano, come tu stesso avevi chiesto. Ognuno, mentalmente, credo ti abbia chiesto perdono per eventuali manchevolezze e a sua volta ti abbia perdonato, sciogliendo così tutte le emozioni negative.
In alcuni momenti, mentre il tuo respiro si faceva, con il passare delle ore, più corto e difficile e la pressione sanguigna scendeva vertiginosamente, ho sperato per te che te ne andassi; ma nella notte, alzando gli occhi sopra il tuo letto, ho incontrato il crocefisso che mi ha ricordato come neppure il Gesù uomo ha avuto lo sconto sulla sua agonia.
Eppure quelle ore trascorse insieme tra silenzi e sussurri, la recita di rosari o letture dalla Bibbia che stava ai piedi del tuo letto, sono state per me e per noi tutti un momento di ricchezza e di pace profonda.
Si stava compiendo qualcosa di tanto naturale ed ineludibile quanto solenne e misterioso a cui non solo tu, ma nessuno di coloro che ti erano più vicini, poteva sottrarsi. Il silenzio interiore ed esteriore i movimenti misurati l’assenza di rumori ed emozioni gridate – ma soprattutto l’accettazione e l’attesa vigile – sono stati la cifra delle ore trascorse con te.
Quando è arrivato l’ultimo respiro ho percepito, e non è la prima volta che mi accade assistendo un moribondo, che qualcosa si staccava dal corpo, che lì sul letto rimaneva soltanto l’involucro fisico. Lo spirito, la vera essenza, rimaneva forte, presente seppure non visibile agli occhi. Grazie Zio per averci permesso di essere con te nel momento finale. Una richiesta: intercedi perché venga permesso a tutti coloro che lo desiderano di essere vicini ai loro cari nel momento del trapasso e di provare la dolce pienezza dell’accompagnamento – Giulia Facchini Martini (4.9.2012).
L’Olanda è il Paese nel quale l’insidioso scivolamento giù per il pendio delle pratiche eutanasiche, emerge con chiarezza. L’ argomento in considerazione è ricco di implicazioni non solo per svolgere ricerche più attente e qualificate nel settore, ma anche per considerare aspetti etici e legali connessi come il suicidio assistito e l’ eutanasia ; all’inizio, l’eutanasia è stata contemplata solo per casi eccezionali di malattia terminale, poi vi è stata inglobata la sofferenza psicologica, in seguito si è aggiunta la disabilità e, dall’eutanasia chiesta da giovani e adulti, si è arrivati a quella decisa dai genitori nei confronti di neonati e bambini, finché si è cominciato a discutere di estenderne la possibilità anche a coloro che, benché sani, manifestino tedio per la vita, stanchezza di vivere, o che, semplicemente, “soffrano” di vecchiaia. Si parla di slippery slope cioè di pendio scivoloso, spesso richiamata in vari contesti di etica pratica che prevedono anche autorizzazioni per certi atti come il suicidio assistito e l’ eutanasia che via via sono autorizzati per condizioni sempre più ampie. Si giustifica il suicidio dell’ anziano con la sua razionalità, finale autodeterminazione per salvaguardare la dignità dell’ anziano e la sua qualità della vita; ma questo potrebbe creare discriminazione nei confronti dei tanti anziani con disabilità che necessitano cure e assistenza prolungate e costose.
La prevenzione del suicidio: è possibile?
Si già descritto il successo di alcuni interventi preventivi in Giappone. Anche i farmaci possono essere utili nei soggetti depressi e con ideazione suicidaria. Si dovrebbe cercare di aumentare la resilienza delle persone anziane con esercizi di mindfulness che si contrappone a “mindlessness”, ovvero chiusura mentale, cioè essere incastrati in schemi cognitivi passati, non più funzionali nel presente; l’ obiettivo è il benessere psicofisico della persona, soprattutto anziana che spesso si identifica con l’immagine della vecchiaia: uno smette di giocare a tennis perché invecchia, o invecchia perché smette di giocare a tennis?
Mindfulness – http://www.mindfulnessitalia.it/cose/ – promuove l’ apertura mentale, la flessibilità cognitiva, la consapevolezza e la curiosità; si tratta di interventi per aumentare il benessere psicofisico. E’ disponibile una applicazione : https://itunes.apple.com/it/app/la-mindfulness-app/id417071430?mt=8. E’ forse insufficiente l’attitudine e la capacità del medico a valutare e a misurare le emozioni e il comportamento con procedure valide; nell’ anziano cambiano le condizioni di vita e gli obiettivi con conseguenze rilevanti sui parametri citati. E’ fondamentale per il corretto approccio anche terapeutico combinare i dati forniti da fattori biologici, sociali e comportamentali; per cogliere questi diversi aspetti della vita vissuta serve uno strumento ubiquitario che controlli la realtà quotidiana del vissuto di ogni individuo per quanto riguarda i parametri citati; al tempo stesso lo strumento potrebbe fornire indicazioni, consigli per affrontare eventi difficili che complicano la giornata. Sono disponibili diverse applicazioni per smartphone ( allegato ) che dovrebbero aiutare a prevenire il suicidio in modo diffuso e partecipativo; è noto che non tutti coloro che tentano il suicidio ricevono l’ aiuto necessario. La partecipazione dei pazienti a ricerche cliniche in questo settore è problematica in termini di competenza e di volontarietà; si tratta di pazienti raramente aderenti alle prescrizioni del medico; spesso non ricordano. Per ora non sono sufficienti le conoscenze psicopatologiche dell’evento suicidio nell’ anziano: potrebbero aumentare utilizzando le applicazioni per smartphone disponibili che forniscono le informazioni segnalate nella figura (da JAMA 2017; 318: 1215-6). Serve quindi uno strumento obiettivo, ubiquitario in grado di catturare con continuità informazioni comportamentali e cognitive; le informazioni raccolte da un specifica applicazione sono poi trasmesse e messe a disposizione dei medici per le decisioni terapeutiche e per la ricerca . Lo smartphone può essere quindi lo strumento ideale per realizzare e valutare i digital phenotyping del comportamento utilizzando i sensori che possiede. Con questo strumento e metodologia il medico psicogeriatra potrà valutare di più l’ affettività, la cognitività e il comportamento e le emozioni dei propri pazienti anziani; sono fattori causali di malattie non solo mentali.
Questo approccio consentirà di valutare su vasta scala anche la resilienza delle persone, parametro fondamentale per gli interventi riabilitativi tempestivi. Il riconoscimento del fenotipo “suicida” dovrà essere trattato con terapie adeguate che non sono apparentemente disponibili; la cognitive behavioral therapy (CBT) ha dato discreti risultati nella popolazione adulta con ideazione suicida ( Psychol Res Behav Manag 2016; 9: 21-9): riduce i pensieri suicidi; pare modello appropriato anche per la popolazione anziana (JAMA 2005; 294: 563-70; PloS Med 2016, 13: e1001968).