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Società Italiana di gerontologia e geriatria

Riflessioni sui documenti dell’International Association of Gerontology and Geriatrics

Gli esseri umani sono sempre invecchiati, si sono sempre ammalati e sono sempre morti. Tuttavia fino a quando la durata media della vita era breve e breve anche il decorso della malattia, questa realtá biologica non poneva nessun problema particolare. Le persone morivano in diversi momenti del ciclo vitale e la morte era probabile sia per il giovane che per l´anziano. Questa situazione é cambiata drasticamente.

 

Con il crescente invecchiamento della popolazione, tendenza presente sia nei paesi sviluppati che in via di sviluppo – se pur in tempi differenti – la morte della persone é sempre piú di competenza della geriatria: d´altra parte, giá negli anni ´80 si affermava che la ″tanatologia oggi possiede molti elementi in comune con la geriatria. Entrambe hanno competenze interdisciplinari che richiedono una ampia varietá di metodi da applicare ad una ampia varietá di problemi″1.

 

Infatti non si tratta solo di dover considerare che la maggior parte delle morti interessa la fascia di popolazione di 65 anni e oltre e che cresce sempre piú la fascia di popolazione costituita da persone di 80 anni, ma anche di considerare il mutamento avvenuto nel tipo delle patologie che conducono alla morte.

 

Il documento IAGS ″Statement of End-of-Life Care for Old People″ constata infatti come la morte sia sempre piú causata da gravi patologie croniche degenerative che determinano un lungo periodo di vita connotata dalla fragilitá e dalla disabilitá ancor prima dell´exitus. Di qui la preoccupazione di assicurare una migliore assistenza alla fine della vita; di qui, come sottolinea il documento citato, la necessitá di elaborare piú coerenti interventi sociali e assistenziali, per assicurare quella che il documento definisce ″una buona morte″.

 

Questa preoccupazione, ricorda ancora il documento, dovrebbe far parte di ogni sistema sanitario nella prospettiva assistenziale delle persone affette da malattie oncologiche, da HIV/AIDS, e da patologie croniche come la demenza e le malattie cardiache, respiratorie, renali ed epatiche.

 

Una osservazione puó essere fatta per il termine ″buona morte″, ideale giá sostenuto dal Movimento Hospice: oggi si preferisce, piú realisticamente, parlare di ″morte abbastanza buona″, un concetto che significa incertezza delle modalitá e della capacitá potenziale del morente di concludere la vita in coerenza con gli ideali e le norme del suo vissuto.

 

A prescindere tuttavia dalla terminologia, il documento ha una visione globale degli interventi, considerando che la necessitá di migliorare l´assistenza alla fine della vita significa in primis una migliore formazione degli operatori sanitari, poi lo sviluppo di direttive assistenziali, l´elaborazione di un sistema sanitario che risponda meglio ai bisogni delle persone piú anziane e dei loro familiari anche nell´ambito delle cure palliative. Si tratta pertanto di assicurare un miglior controllo dei sintomi che possono migliorare la qualitá di vita e che possono influenzare il decorso della patologia, un miglior controllo da assicurare in tutti gli ambiti: negli ospedali, nell´assistenza domiciliare, nelle residenze sanitarie assistenziali.

 

La seconda parte del documento Statement on ethical aspects for admission to, treatment and care of older persons in Intensive Care Unit″, sottolinea primariamente alcuni diritti del paziente. Non vi puó essere discriminazione legata all´etá, quando necessario, per l´ammissione ad un reparto di cure intensive, pur notando che il paziente ha sempre il diritto di rifiutare o di chiedere la dimissione in qualsiasi momento.

 

Nella prospettiva di un ricovero di un paziente anziano, il documento sottolinea che questi ha il diritto di ricevere le cure piú appropriate, alla luce ″delle conoscenze attuali della medicina″ e anche della ″medicina geriatrica″. Infatti ogni paziente anziano ha il diritto, in un reparto di cure intensive, di essere curato da uno specialista delle cure intensive, ma anche da un geriatra. Ma non solo: anche le condizioni assistenziali e ambientali devono essere tarate sulla persona anziana cosí da assicurare una sufficiente stimolazione sensoriale, una corretta fisioterapia, ma anche permettere la presenza dei familiari.

 

Si possono sottolineare due aspetti: il primo la specificitá della geriatria che conserva la sua piena validitá nella cura della persona anziana anche in ambito specialistico quali le cure intensive.
Il secondo la beneficitá di una presenza dei familiari nelle unitá di cure intensive, come peraltro anche alcune ricerche italiane hanno attestato.

 

Il documento aggiunge poi che dall´accordo tra il paziente, la famiglia, il medico di famiglia, lo staff infermieristico, il geriatra e lo specialista in cure intensive, puó scaturire la decisione di interrompere o iniziare trattamenti (peraltro non specificati) se ritenuti ininfluenti sul decorso della patologia.

 

Questa parte del documento si puó dire che sia motivato dalla constatazione che la morte ″naturale non puó piú essere il paradigma per un elevato numero di morti di persone anziane. Il potere di intervenire sulla vita rende sempre piú lo staff medico responsabile del modo in cui si muore e del momento in cui si muore. Il ritardo o l´anticipazione della morte dipendono in modo crescente dalla scelta di utilizzare o non utilizzare, continuare o sospendere trattamenti ″artificiali″. Oltre a questo si deve considerare che, a partire dagli anni Settanta, si é sempre piú affermata l´idea che tra i diritti dei pazienti vi fosse anche quello dell´autonomia decisionale, cioé il potere di decidere in merito ai trattamenti medici a cui venire o non venire sottoposti anche nel caso di pericolo di morte prossima.

 

D´altra parte la cura oggi é oggi affidata ad una équipe di esperti, ognuno dei quali ha una propria competenza e specializzazione. Questo é uno degli elementi che hanno contribuito a ripensare l´autoritá del medico riguardo alle decisioni terapeutiche, determinando una revisione del potere decisionale che lascia spazio alla negoziazione tra medico, paziente e famiglia. Peraltro nel codice deontologico dell´Associazione Medica Americana, dopo aver affermato che l´eutanasia cosiddetta ″attiva″ (l´aiuto concreto a morire per un malato nella fase terminale della vita ″é contraria a ció su cui si fonda la professione medica″, cioé salvare una vita, si aggiunge che ″la sospensione dell´impiego di mezzi straordinari per prolungare la vita del paziente quando é indiscutibilmente evidente che la morte biologica é imminente, spetta come decisione al paziente e alla sua famiglia. Il parere e il giudizio del medico professionista dovrebbe essere liberamente a disposizione del paziente e/o dei suoi parenti piú stretti″.

 

Il documento ricorda poi come i pazienti con una lunga storia di malattia, gravemente non autosufficienti, in fase terminale, possono ricevere un migliore trattamento dei sintomi in un reparto di cure palliative piuttosto che in un reparto di cure intensive.
L´obiettivo terapeutico é quello di una migliore risposta alla situazione del paziente, ma anche quello di non ″creare″ artificialmente una situazione di prolungato stato vegetativo.

 

Una prima osservazione é che le persone, anche anziane, preferiscono sempre una morte che includa una certa intimitá e accettazione, o tra le mura della propria casa – naturalmente quando le condizioni cliniche lo permettono – o in ambiti assistenziali ispirati dalla filosofia delle cure palliative. Riconoscere la morte come un evento naturale e come un momento della vita é caratteristica peculiare dell´ethos palliativo, ove si afferma la vita senza che il cammino verso la morte sia prolungato o accelerato.

 

Una seconda osservazione é che l´incorporazione dell´ethos palliativo forse sarebbe meglio della medicina intensiva puó avere un impatto profondo sulle qualitá delle cure. L´ethos palliativo potrebbe aiutare a ridefinire la selezione dei criteri per l´assistenza medica intensiva. Ammettere in un reparto di cure intensive un paziente di cui si conosca una prognosi infausta é un frequente errore decisionale che puó distruggere tutti gli schemi di un´ assistenza compassionevole e aggiungere solo sofferenze ai suoi ultimi giorni. In alcuni casi particolarmente dolorosi, si potrebbero addirittura ravvisare elementi di inefficienza professionale e di violazione dei diritti del paziente2.

 

Gruppo di Studio ″La cura nella fase terminale della vita″

 


 

1 Kastenbaum R., Thanatology in G.L. Maddox (ed), The Encyclopedia of Aging, Springer, New York 1987, p. 665
2 Cf. Herranz G., Interventi di sostegno vitale e pazienti terminali:l´integrazione tra medicina intensiva e palliativa, in E. Sgreccia ,J.Laffitte (a cura di), Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici e operativi. Atti della quattordicesima Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita (Cittá del Vaticano, 25-27 febbraio 2008), Libreria Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 2009, p. 82